Don Agostino Alicandri: un ricordo storico a 150 anni dalla scomparsa

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Pillole di storia locale

a cura di

  Prof. Enrico Roberto Alicandri

150 anni dalla scomparsa di don Agostino Alicandri.

Il 22 maggio di 150 anni fa, a Santa Maria La Fossa si celebravano i funerali di don Agostino Alicandri, mio parente, parroco del paese, deceduto improvvisamente mentre celebrava la Santa Messa. Il parroco di Grazzanise, don Agostino Cantiello, scrisse un’orazione funebre in memoria e onore del confratello defunto che, grazie alla ricerca del prof. Francesco Parente e alla collaborazione del prof. Tiziano Izzo, ho potuto commentare e parafrasare brevemente:

Elogio funebre di don Agostino Cantiello, parroco di Grazzanise, letto il 22 maggio del 1874 in onore di don Agostino Alicandri, parroco di Santa Maria Minore, oggi Santa Maria La Fossa.


Don Agostino Alicandri nacque a Santa Maria Minore il 30 maggio del 1813 da Carlo Alicandri e Preziosa Grasso. Nominato parroco del suo paese all’età di 32 anni dal Cardinale Francesco Serra di Cassano, rimase alla guida della parrocchia fino al giorno della sua morte, il 12 maggio del 1874, avvenuta mentre celebrava la Santa Messa. L’orazione funebre si apre con un chiaro riferimento all’essere umano sulla terra, in un’invettiva che, molto spesso, viene utilizzata anche oggi di fronte ad una morte improvvisa: “Ahimè che cosa è l’uomo! Un po’ di polvere subito sparsa da un colpo di vento. È come un fiore distrutto da un temporale”.
Il sacerdote di Grazzanise, prima di rivolgere alcune parole al compianto parroco, si sofferma sulla morte, definendola “donna sovrana dell’universo” che non ritiene di fare sconti a nessuno e che, in alcuni casi, arriva improvvisamente colpendo chiunque: poveri, benestanti, uomini ricchi e potenti.

Don Agostino Alicandri viene definito un uomo di grande fede e di grande virtù, timorato di Dio, che mai si fece distrarre dalle debolezze della vita. Ricorre spesso la citazione: “Immagine della bontà di Dio”. Un necessario riferimento all’ufficio del parroco, definito “Sole che illumina, riscalda, vivifica, perfeziona e difende” il popolo, oltre alle numerose citazioni di lettere encicliche, di opere religiose e opere della letteratura latina, lingua ufficiale della Chiesa Cattolica, simbolo della liturgia e dell’ars oratoria del tempo.  La struggente orazione si conclude con un saluto fraterno: “Ciao anima buona, prega per i tuoi parenti che ti piangono, perché la vita senza di te sarà più difficile. Prega per il tuo popolo, per il clero e per me che in un triste affanno spargo lacrime e fiori. Prega affinché un giorno tutti saremo uniti nel cielo”.

Una preghiera funebre, eccellente nel contenuto e nel carattere, che rappresenta un dono al sacerdote defunto, in un’ottica di consolazione reciproca tra la comunità, orfana del parroco, e l’autore, orfano di un amico e di uno stimato confratello.

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