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di Giuseppe PASQUALINO (Giornalista Pubblicista freelance e blogger)
La lenta agonia del Volturno con al capezzale amministratori distratti
Mentre in tanti posti d’Italia è una ricchezza in termini ambientali, turistici, gastronomici e, naturalmente, economici, tutto il territorio da Capua a Castelvolturno ha dimenticato (forse non se n’è mai accorto) di essere solcato dal corso d’acqua più lungo e importante del mezzogiorno italico, da Roma a Ragusa.
Mentre in tanti luoghi i corsi d’acqua sono curati, coccolati, regni di pescatori, territori rivieraschi teatri di avvenimenti sportivi, nel basso Volturno nessun sentimento riesce a coagulare un seppur minimo interesse comune per rivalutare (ops… valutare) l’importante fiume che dalle Mainarde, silenzioso e ferito, scorre verso il Tirreno.
Negli ultimi cinquant’anni soltanto incontrollati sversamenti abusivi (tanti ricorderanno gli scarichi dell’Industria farmaceutica Pierrel), tantissimi comuni (forse proprio tutti) che versano i propri liquami senza depurarli, cumuli di immondizia nei pressi delle sponde, discariche a cielo aperto e perfino sedi di abbandono di autovetture rubate e di materiali di risulta provenienti dalle officine meccaniche e da autocarrozzerie, senza contare le numerose presenze di batterie con le loro pericolosissime sostanze chimiche. Questo è il Volturno. E nessuno muove un dito: comuni troppo intenti alla coltivazione dei propri orticelli amministrativi, la scuola distante anni luce dal proprio territorio, troppo intenta in spesso sterili progettazioni a macchia di leopardo, società civile disattenta, associazioni ambientaliste incapaci di fare rete e accontentate da episodiche concentrazioni di ripulitura. E pensare che lungo le sponde del Volturno, se fosse curato e apprezzato dalla “sua” gente mazzonara, il territorio del basso Volturno potrebbe trasformarsi in uno stupendo percorso di turismo ambientale, un luogo in cui fare sorgere strutture gastronomiche, grazie alle prelibatezze del settore caseario e dei prodotti ittici (anguille di fiume tanto apprezzate e ricercate), e occasioni di raduni sportivi legati alla pesca e al cicloturismo.
E invece: nessuna politica territoriale comune, nessuna realtà sportiva dedita al recupero dei luoghi, nessuna volontà di preservare un ambiente che, a sentire i più anziani, forniva addirittura acque da bere e ameni luoghi in cui i cittadini godevano del sole estivo e le mandrie scalpicciando si abbeveravano. Un circolo di kajak e canoe a Capua, in qualche rara occasione, organizza tour locali e qualche accanito pescatore si avventura ancora tra le impervie sponde tra Grazzanise e Cancello ed Arnone alla ricerca di pesci non più affidabili se si considera la colorazione delle acque che non assicura alcuna sicurezza alimentare. Peccato!
Un esempio?… il fiume Sarno sta rinascendo grazie ai volontari …. e il Volturno?
2 risposte
Bellissimo articolo, ricco di spunti per la riflessione…meditiamo e, soprattutto, agiamo!
Bravo fai bene a commentare e fotografare questo schifo.Ormai io sono decenni che vedo questa porcheria.Sai quante volte o segnalato? Ormai o perso il conto.Ciao Peppe.Buona giornata.